2.1. Dalla CMC all'identità
2.1.1. La CMC: nascita, sviluppo e caratteristiche
Il primo filone sistematico di ricerca sulla comunicazione mediata dal computer
(Computer-mediated communication: CMC) si sviluppa nell'ambito della
psicologia sociale all'inizio degli anni ottanta, nonostante si inizi a parlare
di CMC già verso la fine degli anni sessanta, in un saggio di Licklider
e Taylor dal titolo "The Computer as a communication device"
(1968).
Si tratta principalmente di studi volti a definire l'impatto della CMC in campo
organizzativo e le strategie più opportune per l'implementazione delle
reti di comunicazione all'interno delle aziende. L'attenzione verso la CMC,
quindi, è inizialmente finalizzata ad ottenere il massimo dalle nuove
tecnologie di comunicazione in gruppi aventi uno scopo produttivo ben preciso.
L'avvento delle nuove tecnologie della comunicazione sui luoghi di lavoro, infatti,
crea la necessità di valutare questi strumenti dal punto di vista tecnico,
ma anche dal punto di vista sociopsicologico.
Innanzitutto bisogna distinguere due tipi di CMC: sincrona e asincrona. Nella
prima, la comunicazione avviene in tempo reale, come in un dialogo telefonico
o in uno scambio conversazionale face to face e gli interlocutori sono
presenti in Rete nel medesimo istante. I mezzi tipici della CMC sincrona sono
le videoconferenze, le chat, l'Internet Phone13
e i servizi di istant messaging14,
quali ICQ15,
o i Messenger di MSN e di Yahoo16.
Secondo Newhagen (1996) le caratteristiche proprie della CMC sincrona sono:
la multimedialità, l'ipertestualità, l'uso di pacchetti di dati
per trasferire le informazioni, la sincronicità e l'interattività.
Nella CMC asincrona, invece, lo scambio di messaggi avviene in tempi differenti
e gli interlocutori non devono essere necessariamente connessi contemporaneamente.
Tra i mezzi che presentano un tipo di CMC asincrona vi sono: la posta elettronica
(email), le mailing list e i newsgroup. Esistono,
inoltre, dei sistemi misti denominati MUD (Multi User Dungeon o Multi User
Domain)17,
che possono essere considerati ambienti virtuali di tipo testuale all'interno
dei quali i partecipanti hanno la possibilità di conversare tra loro,
come in una chat, ma anche di visitare lo spazio in cui si trovano e di interagire
con gli oggetti che sono collocati in quel luogo. Inoltre i partecipanti ad
un MUD, possono usare dei metacomandi che consentono di descrivere le proprie
emozioni o di compiere azioni, come salutare un altro utente, offrirgli degli
oggetti, colpirlo, e così via.
La CMC asincrona, dal punto di vista psicosociale, viene considerata diversa
sia dalla comunicazione scritta non elettronica, che dagli altri mezzi di comunicazione.
Infatti, come risulta da alcuni studi sperimentali (Lea, 1991; Rice, 1993),
il livello di "presenza sociale" (social presence)18
e di "potenza del media" (media richness)19
della posta elettronica è percepito dagli utenti in modo significativamente
diverso da quello degli altri mezzi di comunicazione, quali, ad esempio, il
telefono e il testo scritto. È evidente che la CMC si differenzia dall'interazione
face to face, perché richiede più tempo ed è priva degli
aspetti metacomunicativi tipici di un dialogo come la postura, il tono di voce
e la mimica facciale. Tale mancanza viene compensata attraverso l'uso di smiles,
ovvero simboli grafici che simulano la mimica facciale e consentono, quindi,
di dare una connotazione affettiva, che, ad esempio, può essere scherzosa
o arrabbiata, ad un messaggio scritto. L'uso di tali strumenti permette di affermare
che la conversazione fra soggetti coinvolti nella CMC è più rarefatta
rispetto ad una conversazione faccia a faccia.
Inoltre, la CMC risulta caratterizzata da una cooperazione debole dovuta alle
caratteristiche del mezzo utilizzato, mentre una conversazione face to face
"si svolge in una situazione cooperativa costantemente controllata da una
serie di successivi adattamenti e di correzioni reciproche" (Galimberti,
Riva, 1997, p. 36). La CMC non garantisce nulla a proposito dell'identità
dei soggetti (Mantovani 1995a; Parks, Floyd, 1996). La CMC si può dunque
considerare una conversazione virtuale, cioè una conversazione
priva di elementi normativi che garantiscano l'efficacia dell'interazione. Nella
CMC, attraverso la mediazione del computer si viene a creare un'asimmetria nel
rapporto tra ricevente ed emittente: infatti, quest'ultimo non ha la garanzia
che l'informazione trasmessa sia recepita dal ricevente, il quale a sua volta
non è garantito sull'identità dell'emittente (Galimberti, Riva,
1997).
2.1.2. Le principali teorie di riferimento
I principali quesiti che si pongono i primi studiosi della CMC riguardano:
Nel tentativo di rispondere a tali problematiche, si sviluppano diversi approcci di studio. Si ripercorreranno ora le diverse teorie sulla comunicazione mediata dal computer, a partire dalla teoria RSC (Reduced Social Cues) di Sproull e Kiesler (1986).
2.1.2.1. La teoria RSC (Reduced Social
Cues)
La teoria RSC si sviluppa all'inizio degli anni ottanta, a partire dalle conclusioni
di uno studio effettuato nel 1976 da Short, il quale postulava che la CMC è
caratterizzata da un livello di presenza sociale molto basso, in quanto priva
degli elementi non verbali caratteristici della comunicazione face to face.
Sproull e Kiesler (1986), partendo da queste ricerche, attribuiscono alla CMC
alcune caratteristiche fondamentali: una scarsità di informazioni relative
al contesto sociale in cui avviene la comunicazione, una scarsità di
norme comunemente accettate in grado di orientare lo sviluppo della comunicazione
stessa (Kiesler et al. 1984) e un'intrinseca limitazione della "larghezza
di banda"20.
Di fatto, se nella comunicazione face to face gli interlocutori dispongono
di molteplici canali comunicativi, oltre a quello verbale, nella CMC vi è
una comunicazione prevalentemente di tipo testuale. Secondo Sproull e Kiesler
(1986), la CMC, quindi, è efficace per la trasmissione di informazioni
precise e puntuali, ma d'altro canto è notevolmente "povera"
per quanto riguarda gli aspetti sociali della relazione tra gli interlocutori.
Sproull e Kiesler (1991) affermano pertanto che la CMC si verifica in una condizione
di vuoto sociale in cui l'identità personale dei soggetti in interazione
tende a sfumare fino a scomparire. Ne consegue che se da un lato gli individui
divengono più aperti e liberi di esprimersi, dall'altro la perdita dell'identità
personale può indurre i soggetti a violare le norme sociali; vi sarebbe
cioè un aumento del flaming, considerato dai sostenitori dell'approccio
RSC un fenomeno tipico della CMC.
Relativamente all'ambito organizzativo, inoltre, la CMC ha due effetti contrastanti:
da una parte livella le differenze di status, grazie ad un processo di uniformazione
(status equalization effect), incentivando una partecipazione maggiormente
affrancata dai condizionamenti sociali, dall'altra crea una condizione di deindividuazione
che rende l'ambiente meno efficiente in termini di capacità decisionali.
La teoria RSC, pur essendo un modello completo ed articolato, riceve numerose
critiche: un'interpretazione degli aspetti sociali della CMC effettuata esclusivamente
in termini di larghezza di banda o presenza sociale non spiega né l'uso
molto diffuso della posta elettronica per scopi che esulano dall'attività
lavorativa21,
né il fatto che in determinate situazioni la CMC dà luogo a comportamenti
più socialmente normati rispetto all'interazione faccia a faccia. Partendo
da tali critiche, Lea e Spears (1992) hanno in seguito sviluppato il modello
SIDE (Social identity de-individuation).
2.1.2.2. Il modello SIDE (Social identity de-individuation)
Lea e Spears (1992) respingono l'ipotesi che le norme del gruppo siano assenti
o deboli nella CMC e, inoltre, negano l'idea che coloro i quali comunicano attraverso
la CMC siano anonimi ed isolati. Secondo i due autori, tutto dipende dal contesto
in cui la comunicazione elettronica si sviluppa.
Lea e Spears (1992; 1994) distinguono la capacità di un mezzo di trasmettere
indici sociali dalla sua larghezza di banda e sostengono che spesso gli indici
sociali sono contenuti in alcune informazioni categoriali presenti nell'intestazione
o nella firma di un messaggio (sesso, professione, interessi personali, gruppi
di appartenenza, etc..), oppure possono essere dedotti dalla situazione comunicativa
o da conoscenze precedenti.
I due studiosi distinguono inoltre l'identità personale dalle diverse
identità sociali di un individuo. L'identità sociale si riferisce
alle caratteristiche del Sé che corrispondono alla personalità
individuale di ciascuno, mentre le identità sociali riguardano le caratteristiche
del proprio gruppo sociale di riferimento nelle situazioni quotidiane. In concreto,
una persona mantiene una personalità relativamente fissa e stabile all'interno
dei diversi "ruoli sociali" (figlio, partner, amico, dipendente, etc…)
che si trova ad "impersonare" quotidianamente. La distinzione tra
identità personale e identità sociali viene usata da Lea e Spears
(1992) per spiegare il motivo per cui in alcune circostanze la deindividuazione
provocata dalla CMC può indurre a comportamenti ipersociali rispetto
alle interazioni face to face, anziché alla scomparsa delle
norme sociali. Quando il contesto coinvolge gli attori come singoli individui,
acquista rilevanza la loro identità personale; quando invece il contesto
enfatizza l'identità sociale, gli attori osservano maggiormente le norme
associate al gruppo di riferimento.
I sostenitori del modello SIDE propongono una nuova teoria a proposito del fenomeno
di deindividuazione che contrasta con la teoria classica di Festinger (1952).
Festinger definisce la deindividuazione come la perdita di identità dovuta
all'immersione nella folla, con l'emergere di comportamenti devianti. Lea e
Spears (1992) sostengono, invece, che il fenomeno di deindividuazione possa
verificarsi anche all'interno di uno specifico gruppo sociale: in questo caso
l'identità personale risulterebbe indebolita, mentre l'identità
sociale sarebbe rafforzata. Ciò porterebbe ad una minimizzazione della
percezione delle differenze intragruppo e verso comportamenti maggiormente influenzati
dalle norme sociali caratteristiche di quella situazione specifica.
Il modello SIDE applica questa teoria alla CMC: la riduzione della larghezza
di banda causa un processo di deindividuazione e di "anonimato visivo",
ma le conseguenze sociali di questa situazione variano a seconda del preciso
contesto comunicativo.
2.1.2.3. Il modello SIP (Social information
processing)
Walther e Burgoon (1992), a partire da alcune critiche alle prove addotte dai
sostenitori del modello SIDE, per confermare le proprie affermazioni teoriche
elaborano un nuovo modello, che si sviluppa come alternativa all'approccio RSC.
In particolare, ai sostenitori dell'approccio RSC viene contestato il fatto
che i risultati che si possono ottenere in studi condotti all'interno di un
laboratorio non sono confermati da studi condotti direttamente sul campo.
Innanzitutto, negli esperimenti di laboratorio viene solitamente imposta una
limitazione temporale; inoltre, coloro che partecipano a tali esperimenti hanno
motivazioni limitate e scarse aspettative di interazioni future, rispetto alle
interazioni naturali.
La CMC può veicolare la stessa socialità di una comunicazione
face to face se gli attori hanno il tempo necessario per svilupp5arla
(Walther, 1994). Infatti, qualunque mezzo di comunicazione utilizzino, gli esseri
umani sviluppano i medesimi bisogni di riduzione dell'incertezza e di affinità
nei confronti degli altri: gli utenti della CMC, quindi, tendono a soddisfare
tali bisogni adattando le proprie strategie comunicative al medium utilizzato.
Ciò che serve loro è semplicemente una maggiore quantità
di tempo: la CMC dunque non è meno efficace, dal punto di vista dell'interazione
sociale, rispetto alla comunicazione faccia a faccia, ma è soltanto meno
efficiente. Inoltre, gli individui tendono a non comunicare quasi mai esclusivamente
per mezzo del computer. Anche all'interno delle comunità virtuali, non
appena le relazioni sociali si consolidano e divengono significative, i membri
tendono ad integrare la comunicazione attraverso altri mezzi, quali ad esempio
il telefono o la posta (Parks; Floyd, 1996).
Secondo il modello SIP, la CMC non è una comunicazione fredda e impersonale,
ma possiede caratteristiche che spesso la spingono a "sovraccaricarsi"
di contenuti sociali, tanto da poter essere definita "iperpersonale"
(hyperpersonal) (Walther, 1997). Questa denominazione sta ad indicare
che nella CMC le interazioni si sviluppano in modo "più stereotipicamente
sociale" (Walther, 1996) rispetto a quelle faccia a faccia. Infatti,
chi riceve un messaggio email tende a categorizzare socialmente il mittente,
e quando possiede scarse informazioni, lo fa in modo stereotipato, basandosi
sulle poche informazioni che ha a disposizione. Chi, invece, scrive un messaggio,
o partecipa ad un newsgroup, o crea una homepage, ha la possibilità
di curare attentamente la presentazione di sé. Walther (1996) parla di
"selective" o "optimized self-presentation":
la CMC dà modo, specialmente nella modalità asincrona, di poter
progettare e selezionare accuratamente l'immagine che si desidera dare di se
stessi, poiché permette di mostrare o nascondere le caratteristiche che
si ritengono più o meno socialmente opportune. Questa possibilità
dipende sia dal maggior tempo che si ha a disposizione, sia dal maggior controllo,
derivante dalla modalità di comunicazione testuale. Inoltre, si può
scegliere il momento e la situazione più opportuna per interagire con
l'altro e il feedback che si riceve nella CMC è più mediato
rispetto all'interazione face to face, quindi è più facile
che le aspettative e le impressioni iniziali che un soggetto si è formato
riguardo l'interlocutore siano rafforzate nel tempo piuttosto che disattese.
Tale fenomeno è definito da Walther (1996) "behavioral confirmation".
Queste caratteristiche contribuiscono alla natura "iperpersonale"
della CMC, cui si adatta la descrizione del comportamento in Rete fornita da
Spears e Lea (1992): esso sarebbe "like ordinary behaviour, only more
so".
2.1.3. L'importanza del contesto: i
modelli psicosociali
Nel corso degli anni, lo studio della CMC si è focalizzato maggiormente
sull'analisi del contesto in cui avviene la comunicazione e sui modi in cui
il contesto stesso influenza le rappresentazioni e le interpretazioni che gli
attori danno delle proprie azioni.
Si analizzeranno ora i principali modelli psicosociali che cercano di evidenziare
il ruolo giocato dal contesto all'interno della comunicazione.
Il primo di questi modelli è la Teoria dell'Azione Situata (TAS) di Mantovani
(1995).
2.1.3.1. La Teoria dell'Azione Situata
Questa teoria si sviluppa all'interno del filone di ricerca cognitivo-sociale
noto con il nome di "situatività". La TAS propone un cambiamento
di prospettiva rispetto alle analisi cognitiviste tradizionali: l'azione non
è più considerata, infatti, l'esecuzione di un piano prestabilito,
ma un adattamento del soggetto al contesto in cui si trova (Suchman, 1987).
Secondo questa teoria, i contesti non sono dati, bensì vengono costruiti
(Mantovani, 1995a). Il contesto si caratterizza come:
I partecipanti alla CMC vanno dunque considerati come "attori sociali,
con propri scopi e una propria autonomia di orientamento nelle situazioni a
cui la concezione e l'uso dell'artefatto si devono adattare, e non viceversa"
(Mantovani, 1995b, p. 178).
Inoltre, un contesto è difficile da modellare, poiché è
il risultato sempre "precario" dell'interazione, costantemente mutevole,
tra attore ed ambiente. Ma come si può analizzare adeguatamente un contesto
se gli attori sociali, rispondendo attivamente al loro ambiente giungono a trasformarlo?
Mantovani (1995a) propone un modello di contesto sociale a tre livelli, che
lega tra loro situazioni, norme sociali e uso degli artefatti informatici. Il
primo livello è costituito dal contesto sociale in generale, il secondo
dalle situazioni di vita quotidiana, il terzo dall'interazione con l'ambiente
per mezzo degli artefatti.
Mantovani afferma che il rapporto fra i tre livelli è analizzabile sia
a partire dall'uso degli artefatti, sia a partire dall'analisi del contesto
sociale. Infatti, partendo dagli artefatti informatici, il loro uso si può
considerare un particolare aspetto delle situazioni quotidiane, le quali sono
a loro volta inglobate nel contesto sociale. Partendo, invece, dal contesto
sociale, questo fornisce gli elementi che permettono di interpretare le situazioni
quotidiane, all'interno delle quali si formano, in seguito, gli scopi che orientano
l'interazione con l'ambiente attraverso l'uso degli artefatti. La TAS considera
pertanto il contesto sociale come "il sistema simbolico di una certa
cultura continuamente alterato dall'intervento pratico umano" (Mantovani,
1995a, p. 94).
Da queste considerazioni si evince che anche il significato della comunicazione
viene ridefinito dalla Teoria dell'Azione Situata. Se il contesto è co-costruito
dagli attori sociali, questi comunicano per scambiarsi dei significati, non
delle mere informazioni. Il contenuto della comunicazione, dunque, è
dato dalle interpretazioni delle situazioni che coinvolgono gli attori sociali.
Tale analisi dei processi comunicativi viene rafforzata dagli studi che fanno
riferimento alla Positioning Theory (Harrè, 1989, 1992; Harrè,
Van Langenhove, 1991).
2.1.3.2. La Positioning Theory (PT)
Questo approccio teorico, avente come principale autore di riferimento Harrè
(1989; 1992), aggiunge all'analisi del ruolo del contesto una riflessione sul
rapporto tra processi mentali e processi comunicativi. Inoltre, propone una
sostituzione del concetto di ruolo, categoria stabile e definita, con il processo
di posizionamento (positioning), un processo dinamico, frutto dell'attività
comunicativa.
La Positioning Theory focalizza l'attenzione sul rapporto tra comunicazione,
contesto sociale, sé e identità. Afferma che esiste un legame
molto stretto tra linguaggio esterno e dialogo interno, che ha un ruolo di primaria
importanza nella formazione dell'identità del soggetto e dei processi
mentali superiori. È inoltre fondamentale, in questo processo di spostamento
tra linguaggio esterno e dialogo interno, il processo di mediazione del significato,
che deriva dall'interazione con gli altri individui. Davies e Harrè (1990)
sostengono che i sé dei soggetti, durante una conversazione, "partecipano
in modo osservabile e soggettivamente coerente alla produzione congiunta di
linee narrative" (p. 48). In tale fase, i soggetti si percepiscono
come "contraddittori" e attraverso il processo di posizionamento
giungono alla costruzione di diversi sé.
Che ruolo svolge la comunicazione mediata dal computer in questo processo di
posizionamento e di co-costruzione?
2.1.4. Dal contesto all'identità
Bisogna innanzitutto evidenziare che il cyberspazio, a differenza del comune
spazio interlocutorio, si colloca come una sorta di interlocutore per il soggetto,
poiché introduce, all'interno del processo di posizionamento, oggetti
e significati estranei a coloro che interagiscono. Inoltre, negli ambienti virtuali,
mancano le garanzie sull'identità degli individui interagenti: è
infatti diffuso, all'interno delle comunità virtuali, il cosiddetto fenomeno
del fake, ovvero la simulazione di un'identità fittizia, che può
prevedere il cambiamento di genere, di età, e così via. In questo
caso, il soggetto dà di sé un'immagine più stereotipata
per dare maggiore credibilità e coerenza all'immagine che desidera creare
(Stone, 1991; Mantovani, 1995a). La CMC, dunque, potrebbe portare all'esasperazione
della "stereotipizzazione dei comportamenti e delle identità
fittizie assunte, al fine di garantire l'intelligibilità reciproca delle
azioni e delle situazioni" (Mantovani, 1995a, p. 198).
Con il mutare degli ambienti di comunicazione, tuttavia, possono cambiare anche
le forme dello sviluppo dell'identità personale. Entra in gioco qui la
concezione dei sé possibili (Markus e Nurius, 1986), i quali sono considerati
contenitori dei metaprogetti degli attori. I sé possibili sono potenzialità,
aspirazioni, paure in larga parte sottratte alla verifica empirica ed al controllo
sociale. È l'individuo che decide a proposito dei sé possibili,
anche se in questa decisione viene sempre influenzato dal sistema normativo
sociale di cui è partecipe. L'influenza dei media emerge nel loro fornire
simboli ed immagini coinvolgenti in cui gli individui possono identificarsi
(Mantovani, 1995a). L'interattività e la telepresenza consentono agli
ambienti virtuali di avere un elevato potere di suggestione, sempre meno bilanciato
dal contesto normativo sociale tradizionale (Mantovani, 1995a), il quale esercita
un'influenza sempre minore sui processi di costruzione dell'identità.
Mantovani (1995a) afferma che "se la mole delle informazioni e delle
immagini disponibili crescerà senza che si sviluppi una corrispondente
capacità degli attori di integrare le nuove esperienze in forme significative
e condivise, lo sviluppo degli ambienti virtuali potrà stimolare la formazione
di sé possibili sempre più divergenti e sempre più frammentari"
(p. 207).
2.2. Presentazione di sé:
l'opera del soggetto
2.2.1. Costruirsi un'identità online
Come e per quale motivo si costruisce un'identità o una persona online?
Quali sono i mezzi a disposizione di un individuo che desidera diventare cittadino
della vasta e sconfinata metropoli costituita dalla Rete?
Innanzitutto, ciò che induce un soggetto a sviluppare una persona online
è il desiderio di comunicare. In Rete chi non comunica e non manifesta
la propria presenza attraverso l'interazione in un newsgroup,
la partecipazione ad una mailing list o la creazione di una propria
homepage, non esiste da un punto di vista sociale (Paccagnella, 2000).
La partecipazione continua, e uno pseudonimo o nickname secondo MacKinnon
(1997) sono le condizioni necessarie per lo sviluppo di un "Sé
online" (Aycock, 1995) o di un "ciberself".
Pravettoni (2002) afferma che "essere digitali significa essere ciò
che le nostre dita fanno trapelare di noi attraverso lo schermo" (p. 46).
In Rete, non vi è esistenza in assenza della parola scritta: la parola
è fondamentale per la vita online, mentre il silenzio è
equiparabile alla morte. La propria immagine su Internet è gestibile
attraverso ciò che si comunica scrivendo.
Nelle interazioni con gli altri, attraverso una serie di tecniche e di mezzi
che hanno a disposizione, le persone cercano di offrire un'immagine di sé
accettabile. Secondo Goffman (1964) nelle interazioni face to face,
parte delle informazioni riguardanti la propria persona vengono comunicate consciamente
e coerentemente alle finalità principali dell'interazione, mentre un'altra
parte di informazioni viene comunicata involontariamente. A questo proposito
Goffman introduce la distinzione fra "information given",
intenzionali e "calcolate", e "information given off",
le quali si manifestano spontaneamente, senza che vi sia intenzionalità.
Il cyberspazio è privo dei punti di riferimento che organizzano
lo spazio sociale della vita quotidiana e orientano le interazioni: il corpo,
i gesti, l'abbigliamento, la mimica, l'intonazione, lo sguardo, e così
via. Rimane tuttavia indiscussa l'esigenza di definire e mantenere, anche in
Rete, un sé accettabile. La messa in scena del sé e l'interpretazione
della condotta altrui devono dunque assumere forme specifiche ed utilizzare
le risorse disponibili come la posta elettronica o il comportamento tenuto all'interno
di un forum o di un newsgroup. Osservando i messaggi "postati"
da un soggetto è possibile indicarne alcune caratteristiche e peculiarità.
Infatti, secondo Giese (1998) "in newsgroups, the constitution
of identity and the presentation of self is done trough text-based discourse
and, in some cases narrative of self. These presentations of self, these declarations
of identity are constituted as both text and context in a textual world"
(p. 2).
La Rete offre, inoltre, innumerevoli meccanismi per costruire ed esprimere il
proprio Sé: a partire dalla scelta dello pseudonimo che permette di essere
identificati, fino ad arrivare alla firma delle email o dei post, o alla costruzione
della propria homepage, o pagina personale, che è un vero e proprio luogo
di presentazione di sé, quasi "un cartellone pubblicitario (…),
un modo economico per crearsi un'immagine, per far conoscere la propria persona
online e per dire al mondo, in modo discreto, qualcosa di sé e
dei propri interessi" (Wallace, 2000, p. 45).
Comunque sia, Internet permette una gestione più accurata e più
attenta della propria immagine, non solo permettendo ai soggetti di operare
una scelta delle caratteristiche di sé che desiderano presentare o tralasciare,
ma anche offrendo l'opportunità di sperimentare una nuova forma di soggettività
e di dare forma "concreta" al proprio sé ideale.
La Rete, inoltre, offre un'altra possibilità, ammaliante e insolita:
ciascuno può costruirsi una o più identità alternative,
assumendo ruoli o parti sempre diverse e nuove, come se fosse sul palcoscenico
di un immenso teatro virtuale.
2.2.2. I mezzi utilizzati per presentarsi
2.2.2.1. nickname
Il nome di una persona è una sorta di marker che ne definisce l'essenza
(Bechar-Israeli, 1995). Il nome, infatti, è una parte importante dell'identità
di una persona, una parte fondamentale che l'accompagna per lungo tempo, dalla
nascita alla morte. Molti antropologi (Frazer, 1922; Mauss, 1950; Harrer, 1953)
hanno messo in evidenza il notevole rilievo dato ai nomi da alcune società
tribali. In alcune tribù il nome rimanda alla posizione di chi lo porta
nei confronti del clan o dell'intera società. Ad esempio presso i Kwakiut,
un gruppo di tribù di nativi nordamericani, il nome cambia nei riti di
passaggio o in alcuni momenti significativi dell'esistenza, in quanto è
il risultato di un processo di posizionamento dell'individuo all'interno della
società stessa:
"è molto importante che presso i Kwakiut ogni momento della
vita sia indicato, personificato con un nuovo nome, un nuovo titolo, del fanciullo,
dell'adolescente, dell'adulto (maschile e femminile); essi possederanno in seguito
un nome come guerrieri (non le donne, s'intende), come principi e principesse,
come capi (uomini e donne), un nome per la festa che danno (uomini e donne)
e per il cerimoniale particolare che spetta loro, per l'età di ritiro,
il nome della società delle foche (di coloro che si sono ritirati dalla
vita attiva: senza estasi né possessioni, senza responsabilità,
senza vantaggi, salvo quelli dei ricordi del passato)" (Mauss, 1950;
trad. it. 1965, p. 362).
In alcune culture il nome racchiude una dimensione magica e viene considerato
come punto di accesso allo "spirito" di chi lo porta (Frazer, 1922).
Si può dunque affermare che il nome diviene per l'individuo che lo porta
una parte integrante del sé, il modo in cui le persone percepiscono se
stesse e sono percepite dagli altri, soprattutto quando un individuo cambia
il proprio nome o adotta un soprannome. Strauss (1969) afferma che un nome scelto
da una persona per se stessa è molto più fortemente collegato
alla sua identità rispetto ad un nome scelto per lei da altri.
Un soprannome, in inglese nickname, è invece un nomignolo che
va ad aggiungersi al nome effettivo. "A nickname is an Eke-name,
derived from the old English verb "ecan", meaning "to add or
to augment", thus an eke-name was a name given to a person over and above
his legal or Baptismal name" (Morgan, O'Neil, Harrè, 1979,
p. 16).
Solitamente il soprannome viene ideato dalle persone che un individuo frequenta,
quindi una persona può avere più di un soprannome se appartiene
a più gruppi sociali. Spesso i soprannomi richiamano una caratteristica
fisica o un tratto caratteriale della persona cui si riferiscono. Quando invece
un nickname viene scelto personalmente, in genere tende ad incrementare
positivamente l'auto-immagine di una persona, o a rispecchiarne le aspirazioni
e le ambizioni (Bechar-Israeli, 1995).
In Rete, si ha la possibilità di scegliere un nickname,
col quale presentarsi e farsi identificare dagli altri nelle interazioni. Nel
cyberspazio, il soprannome non si va ad aggiungere al nome effettivo,
bensì ne prende il posto, lo sostituisce, divenendo il vero e proprio
nome del soggetto.
Una persona sceglie il suo "nome in Rete" (net name) e può
mantenerlo fisso o cambiarlo ripetutamente; non solo, è possibile che
uno stesso individuo abbia anche diversi nickname, a seconda
dei newsgroup cui partecipa, o degli indirizzi email di cui
dispone.
La possibilità di scegliere un nome con cui essere identificati offre
in Rete una duplice opportunità (Donath, 1999). Se da un lato permette
di richiamare l'attenzione sulle peculiarità di un individuo, allo stesso
modo in cui in natura alcuni animali emettono dei segnali per catturare l'attenzione
del sesso opposto (si pensi ad esempio alla ruota del pavone), dall'altro, un
nickname può consentire di nascondere aspetti dell'identità
che non si ritiene opportuno mostrare o rivelare, così come in natura
la possibilità di mimetizzarsi permette ad alcuni animali di nascondersi:
il camaleonte, ad esempio, cambia il proprio colore in concordanza con i colori
che lo attorniano.
L'ampia libertà di poter rivelare solo alcuni aspetti di sé viene
talvolta utilizzata per ragioni importanti, direttamente connesse alla vita
offline di un individuo. L'uso di uno pseudonimo permette uno scambio
libero di informazioni ed opinioni a categorie di persone spesso discriminate,
come tossicodipendenti, alcolisti (King, 1994) o omosessuali (Shaw, 1997), che
sono maggiormente disposti ad esporsi grazie alla "protezione"- "schermo"
creati da un nickname. Bisogna comunque sottolineare che anche nei casi
in cui uno pseudonimo sia utilizzato semplicemente in una "dimensione
ludico- ricreativa" (Paccagnella, 2000, p. 81), rimane costante la
tendenza dei netsurfers a conservare nel tempo il nome o lo pseudonimo
con cui sono noti in Rete.
L'importanza di un nickname non è minore, infatti, rispetto
a quella del nome anagrafico, poiché è il suo riconoscimento pubblico
che consente di costruire relazioni sociali significative. La scelta di uno
pseudonimo è il primo mattone di un'identità online: consente
infatti di dare luogo a relazioni sociali stabili e significative, che non sarebbero
possibili se la comunicazione fosse totalmente anonima. La tendenza, riscontrabile
fra la maggior parte dei navigatori, a mantenere un'identità stabile
fa sì, dunque, che si costituisca la "persona online".
Uno pseudonimo può essere il primo mezzo attraverso il quale reperire,
durante un'interazione in Rete, alcune informazioni riguardanti il proprio interlocutore.
Infatti, spesso il nickname scelto offre indicazioni a proposito
del sesso, di un tratto caratteriale, o delle passioni e degli interessi di
una persona. La scelta del proprio pseudonimo può avvenire in base a
referenti culturali, quali gruppi musicali, personaggi del mondo dello spettacolo,
personaggi di romanzi o di fumetti, oppure può indicare affiliazione
con un certo luogo, o con un certo gruppo sociale.
Bechar-Israeli (1995) ha compiuto un tentativo di classificazione su un campione
di 260 nickname utilizzati su IRC22,
evidenziando come uno pseudonimo spesso sia scelto per esprimere qualcosa della
propria personalità profonda: nella maggior parte dei casi, cioè,
la scelta di un nickname non si stacca completamente dall'identità
quotidiana, ma è frutto dell'elaborazione di una parte di sé.
Si analizzeranno ora alcuni pseudonimi utilizzati dai partecipanti al newsgroup
"it.arti.cinema". Per ottenere informazioni circa l'origine degli
pseudonimi e delle firme particolarmente curiose, è stata inviata un'email
direttamente a sei partecipanti, i quali hanno tutti gentilmente risposto fornendo
utili e, spesso, dettagliate informazioni e curiosità.
Tra gli pseudonimi che compaiono più frequentemente in it. arti. cinema,
emergono alcune tendenze principali:
2.2.2.2. Firma
La firma è, al pari del nickname, molto importante per la costruzione
di un'identità virtuale. Può essere inserita automaticamente al
termine di un messaggio di posta elettronica o di un post inviato ad
un newsgroup e può essere modificata periodicamente, permettendo
così ai soggetti di ridefinire le "coordinate" della propria
persona, sia da un punto di vista tecnico (aggiornando i vari indirizzi), sia
da un punto di vista simbolico (cambiando citazioni, slogan o immagini).
La firma viene definita dall'utente e spesso comprende informazioni ulteriori
rispetto allo pseudonimo. Tali informazioni permettono di veicolare altri indizi
sulla propria persona. È possibile, ad esempio, inserire indicazioni
circa la propria professione, correlate da numeri telefonici o elementi di reperibilità.
Un messaggio con una firma simile può costituire un passo importante
contro il "livellamento di status" causato dalla CMC. Inoltre, è
probabile che venga letto con maggiore attenzione, che goda di maggiore credibilità,
grazie anche all'attenuazione dell'ambiguità e dello pseudonimato conseguente
all'introduzione di elementi che permettono di utilizzare, per interagire, altri
mezzi di comunicazione quali, ad esempio, il telefono.
Vi sono, invece, firme brevi, che contengono il nome, l'indirizzo email, l'indirizzo
ICQ ed eventualmente l'indirizzo della propria homepage. Il rimando
alla propria pagina Web, come elemento che compone la firma, è
una risorsa fondamentale per la valutazione da parte dell'altro, il quale può
essere spinto da curiosità ed interesse a visitarla.
Esempi di firme brevi, su it.arti.cinema sono quelle di "Senbee Norimaki"
in cui compaiono il nome, lo pseudonimo, l'indirizzo email (riportato in modo
originale e insolito) e il numero di ICQ:
Stefano
aka25
Senbee Norimaki
droguz-at-libero-punto-it
ICQ#………….
Nell'intestazione dei suoi post, compare, laddove dovrebbe apparire l'indirizzo di posta elettronica del mittente un simpatico rimando alla firma, per un'eventuale risposta:
Senbee Norimaki
Leggi.la.firma@per.rispondermi
"Luca_morph", invece, aggiunge al nome un
link che rimanda a www.cinemorfina.net,
un sito di argomento cinematografico, al quale collabora direttamente, scrivendo
recensioni e commenti sui film.
Altri tipi di firme sono più direttamente indirizzati verso la costruzione
di una specifica persona online: si tratta di firme contenenti aforismi,
citazioni, slogan e motti. Questi elementi guidano le impressioni degli altri,
forniscono un'immagine iniziale del titolare della firma, possono dare un'indicazione
rispetto ai suoi interessi, alla sua posizione sociale, alla sua cultura ed
alla sua personalità. Firme più articolate possono dunque contenere
il nome, l'indirizzo email e l'indirizzo Web, slogan, aforismi o citazioni e
immagini. In alcune firme tutte queste informazioni possono essere rappresentate
utilizzando dei disegni stilizzati composti dai caratteri presenti sulla tastiera:
si tratta della cosiddetta "ASCII- art"26.
Per quanto riguarda it.arti.cinema, si riscontrano, com'è ovvio, innumerevoli
citazioni cinematografiche. "Maggie" cita, ad esempio, una
battuta del film "Stardust Memories" (1980) di Woody Allen:
"Baci da dio"
"Beh, lui ha preso tante cose da me!"
(W.Allen da "Stardust memories")
"O'blivion", invece, firma i suoi post con una citazione tratta dal medesimo film da cui deriva il suo pseudonimo, "Videodrome" (1983) di David Cronenberg, quasi volesse rendere più "solide" e più definite, la propria immagine e la propria identità online:
"The television screen is the retina of the mind's eye."
"Guglielmo" cita dal film-documentario "When we were kings" (1996) di Leon Gast:
"Mohammed Alì, Foreman dice che
con i soldi in palio costruirà un ospedale."
"Beh, se Foreman pensa di aver bisogno di un ospedale, io ce lo mando."
(When we were Kings)
"Spaceodissey" riporta una battuta tratta dal film "Sunset Boulevard" (1950) di Billy Wilder:
-You're Norma Desmond. You used to be in silent
pictures. You used to be big.
-I am big. It's the pictures that got small.
"MacGuffin", infine, fa riferimento, per la sua citazione, ad una battuta del recentissimo film di Quentin Tarantino "Kill Bill" (2002):
"In all, I've
killed 33 people to get to this
point right now.
I have only one more.
The last one.
The one I'M driving to right now.
The only one left.
And when I arrive at my
destination…..
….I'm gonna Kill Bill"
Vi sono, inoltre, citazioni letterarie, stralci di brani musicali e aforismi di diverso genere. Ad esempio, "MaFe" inserisce nella sua firma, oltre al link ad una newsletter e a un sito a tematica cinematografica, una citazione tratta dall'opera "Giorni come rasoi, notti piene di ratti" dello scrittore americano Charles Bukowski:
I migliori film in tv nella tua mail, ogni
settimana
filmagenda-subscribe@domeus.it - http://www.filmagenda.it
"Gli scemi riescono a crearsi un paradiso tutto loro"
Giorni come rasoi, notti piene di ratti (Charles Bukowski)
"MorganaLaFata" riporta invece un breve stralcio di una canzone, "Teardrop", dei "Massive Attack":
Love, love
is a verb
love is a doing word
- Massive Attack -
Vi sono poi alcuni partecipanti al newsgroup che modificano frequentemente le citazioni presenti nelle loro firme. "ArAmesh", ad esempio, afferma di cambiare spesso le citazioni scegliendole fra le sue canzoni o letture preferite. La più recente citazione presente nella sua firma è tratta, come dichiarato dallo stesso "ArAmesh", da una canzone antimilitarista francese di Boris Vian:
S'il faut donner son sang
Allez donner le votre
Vous etes bon apotre
Monsieur le president.
Sono, invece, particolarmente curiose le firme di "Ataru Moroboshi".
Ave Kallisti Eris Discordia
--------
Pier Luigi Rocco (a.k.a Ataru Moroboshi) Verbania (Italia)
Brigate Takahashi sez. Nord-Ovest - Confine Svizzero
----- Lamu' Mon Amour -------
=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=-=
.... Yappappa',Yappappa',Echante'!
E' follia,e' magia,ma non sai perche'.
Yappappa',Yappappa',Echante'!
Calda e',fredda e',differenza c'e'.
Come si nota, egli riporta inizialmente una frase tratta dai
"Principi della Discordia": più precisamente si tratta del
saluto usato in una trilogia di romanzi ("Illuminatus" di
Anson Wilson) da una società segreta (la Società della Discordia,
appunto) come saluto in onore di Eris, dea greca del Caos. Ataru Moroboshi è
appassionato al gioco da tavolo ispirato al romanzo e trae questa citazione
dai manuali del gioco. Nella firma seguono il suo vero nome, lo pseudonimo,
e il luogo di provenienza. Talvolta, compare anche il link alla sua homepage
dedicata in particolare ai manga. Vi è poi un richiamo al manga di "Lamù",
sia nella dicitura "Brigate Takahashi" (Rumiko Takahashi
è infatti la creatrice del fumetto), che nella frase "Lamù
Mon Amour". Infine, a conclusione della firma, compaiono solitamente
parti tratte da sigle di cartoni animati giapponesi.
Fra coloro che appartengono ad una comunità virtuale, la firma, spesso,
si arricchisce progressivamente di segni d'appartenenza al gruppo, che permettono
ai soggetti di essere subito riconosciuti dagli altri. Lo stile della firma
diviene una componente dello stile della persona in Rete, un fattore d'individualizzazione
che contribuisce al suo riconoscimento (Beaudouin V., Velkovska J. ,1999).
Una particolarità di it.arti.cinema che si può rilevare in alcune
firme, oltre alle innumerevoli citazioni cinematografiche, è l'inserimento
degli ultimi film visti (indicati con la sigla UFV), al termine di un messaggio
"postato" al newsgroup.
2.2.2.3. Homepage
L'homepage personale è per eccellenza il luogo di presentazione
del sé online. Una homepage si caratterizza per essere
una produzione individuale controllata dall'autore, in qualche modo "eterna"
ed espressamente dedicata all'autopresentazione. Infatti, la pagina personale
può essere considerata una forma di creazione individuale che si indirizza
a dei "visitatori", un luogo fisso costruito come una sorta di "musée
égocentrique" (Beaudouin V., Velkovska J. ,1999, p. 146). Poiché
in Rete il corpo e la fisicità sono assenti, l'individuo cerca di edificare
un "tempio personale", la cui visita da parte degli altri rappresenterà
una sorta di incontro con la sua persona.
L'homepage può essere descritta come un modo relativamente semplice
di crearsi un'immagine, per far conoscere la propria persona online e
comunicare a un "pubblico" sconosciuto e potenzialmente infinito qualcosa
di sé e dei propri interessi.
Per creare la propria pagina Web, un individuo di norma compie una sorta di
"bricolage" (Chandler, 1998). Infatti, elementi grafici,
immagini, suoni e testi che compongono una homepage sono spesso copiati, o,
per meglio dire, "presi in prestito" da altre pagine Web o da altri
siti e successivamente rimaneggiati e riadattati per esprimere al meglio la
propria creatività e la propria individualità. "Bricolage
involves more than simply the appropriation of materials: it also involves the
construction of the bricoleur's identity" (Lévi-Strauss, 1974;
Jenkins, 1992). Quest'opera è finalizzata alla costruzione di un'identità
personale e pubblica. Non bisogna dimenticare che le pagine Web "personali"
sono, nel contempo, "pubbliche": come afferma Kelly (1995) le homepage
sono un medium all'interno del quale le relazioni convenzionali tra pubblico
e privato seguono visibilmente un processo di trasformazione. Lo stesso nome
"homepage" è rivelatore in tale contesto: infatti,
come afferma Seabrook (1997, p. 15) "a home in the real world is, among
other things, a way of keeping the world out... An on-line home, on the other
hand, is a little hole you drill in the wall of your real home to let the world
in."
Chandler (1995) sottolinea come la definizione "Under construction"
(in costruzione) che spesso si legge nelle pagine Web si riferisca non soltanto
alla costruzione del sito, ma alla costruzione dell'identità stessa dell'autore.
La pagina personale è un mezzo di "self-publishing"
in entrambi i sensi del termine: essere capace di creare una pagina Web è
come possedere una propria casa editrice, e la sua funzione chiave si può
definire come una sorta di "self-advertisement", cioè
una specie di auto-sponsorizzazione.
L'homepage offre ai visitatori uno spazio di possibili interpretazioni.
La costruzione dell'interpretazione si fonda sull'articolazione del contenuto
informazionale e degli aspetti formali.
L'autore di una pagina opera una scelta del contenuto da pubblicare in base
all'immagine di sé che vuole offrire agli altri; nell'effettuare tale
scelta tenta di rispondere a domande del tipo "Chi sono io?" o "Chi
vorrei sembrare?". Il contenuto "tipico" di una homepage
è composto da una serie di elementi convenzionali e paradigmatici, quali
dettagli autobiografici, interessi, gusti, pensieri e riflessioni personali.
Talvolta i soggetti mettono sulla loro homepage canzoni, poesie, racconti o
quadri realizzati da loro, riferimenti a familiari, amici e conoscenti (con
l'aggiunta di foto, o di link ad altre pagine Web), o a particolari
gruppi di appartenenza (squadre sportive, associazioni culturali, gruppi musicali,
e così via). Turkle (1995) afferma che in una homepage, "One's
identity emerges from whom one knows, one's associations and connections"
(p. 258).
In effetti, un'attenta analisi dei link presenti in una homepage
può rivelare alcuni aspetti della personalità e dell'identità
di un soggetto, poiché ne esplicita i gusti e gli interessi. Secondo
la celebre citazione di Miller (1995): "Show me what your links are,
and I'll tell you what kind of person you are". Secondo Rheingold
(1995) quando i link citati si riferiscono a siti di amici che condividono i
medesimi interessi si può parlare della costruzione di una sorta di "comunità
virtuale" di autori di homepage.
Oltre al contenuto, cioè alla vera e propria parte testuale, non sono
da sottovalutare gli aspetti formali di una pagina Web, che includono elementi
grafici, come ad esempio sfondi, gif27
animate, fotografie, immagini, e suoni, quali voci, effetti sonori, "sfondi
musicali" e brani musicali. La scelta e la combinazione di tutti questi
elementi rivelano i gusti e il livello socioculturale dell'autore della pagina,
e costituiscono risorse importanti nella formazione delle impressioni dei visitatori.
In Rete è possibile trovare più tipi di homepage: alcune possono
essere composte da un’unica lunga pagina, altre da molte pagine interconnesse,
altre ancora sono suddivise in "finestre" separate. In certe homepage
è presente un "contatore di presenze" per controllare e quantificare
il numero di visitatori, o un "guestbook" dove i visitatori
possono lasciare una traccia del proprio passaggio, attraverso commenti o firme.
Solitamente sulle homepage è presente l'indirizzo email, tramite il quale
i visitatori possono contattare direttamente l'autore del sito. Anche l'espressione
formale e il modo di utilizzare il linguaggio sono caratteristiche molto importanti
nel rivelare le peculiarità di una homepage: "The "usual"
structure and content of home pages [can be used]... more or less ironically
to convey more subtle information... The implicit information that does leak
through is paralinguistic, rather than non-verbal - a matter of style, structure
and vocabulary - or paracommunicational - a matter of how I deal with a Web
page compared with customary ways of doing it... Personality emerges from how
people bend or gently break the rules [or conventions] (Miller 1995).
In effetti, si possono cogliere molti indizi sulla personalità di un
soggetto prendendo in esame il suo modo di scrivere: uno stile ricercato, con
un ampio uso di termini poco comuni è molto diverso da un testo semplice
e lineare, così come una descrizione di sé particolarmente prolissa
differisce da una scarna descrizione di sé, che si limita ad indicare
i tratti salienti.
Chandler e Roberts-Young (1998) a questo proposito notano come gli adolescenti
siano restii a "raccontare" se stessi, nelle propria pagina Web, per
mezzo di descrizioni testuali e prediligano elementi grafici e creativi: preferiscono
probabilmente rivelare la propria personalità attraverso altri mezzi
d'espressione, piuttosto che attraverso un'auto-descrizione esplicita. Non solo,
Wallace (2000) afferma che gli adolescenti sono molto attenti alla presentazione
della propria immagine online, così come avviene offline,
perché sono molto sensibili al giudizio degli altri.
Alcuni partecipanti ad it.arti.cinema hanno creato una propria pagina Web. È
il caso di "Senbee Norimaki", che nella propria homepage
inserisce, oltre a una breve descrizione di se stesso, canzoni e racconti “autoprodotti”
e numerose foto di viaggi e vacanze. Stranamente sulla sua home page, non vi
è alcun richiamo alla propria passione per i manga giapponesi, da cui,
come si è detto, deriva il suo nickname.
"Ataru Moroboshi", al contrario, dedica un'ampia parte della
propria homepage ai manga, sia attraverso presentazioni testuali, che attraverso
espedienti grafici, quali immagini e sfondi. Sembra dunque che "Ataru
Moroboshi" voglia consolidare la propria identità in Rete legandola
sia al personaggio a cui si è ispirato per lo pseudonimo virtuale che
lo contraddistingue, sia ai manga, che sono uno dei suoi principali interessi.
Nella sua pagina Web, inoltre, sono presenti riferimenti a giochi di ruolo,
di cui è appassionato, e ai "Principi della Discordia", dai
quali è tratta la citazione che compare sempre al termine dei suoi post.
È, invece, strettamente legata ai newsgroup la pagina creata da
"RedWiz". Nella sua homepage, "RedWiz"
riporta consigli e norme per i newbie e spiegazioni riguardanti le FAQ e la
netiquette: si tratta, dunque, di una sorta di manuale indirizzato ai "meno
esperti", ai "principianti".
2.3. Considerazione dell'altro
nella propria presentazione
L'opera che il soggetto compie per costruirsi, attraverso i vari mezzi che ha
a disposizione, un'identità online, ha un valore se è riconosciuta,
convalidata o rifiutata dagli altri (Beaudouin, Velkovska, 1999; Wallace, 2000).
L'orientamento verso il destinatario di un messaggio è comparabile a
ciò che Jakobson (1963) ha definito "funzione conativa" del
linguaggio. Quali sono gli artifici utilizzati per suscitare l'interesse di
un altro netsurfer o per entrare in relazione con lui?
Innanzitutto, è molto importante attirare l'attenzione, indurre gli altri
a visitare la propria homepage, o presentandola su un motore di ricerca, o "pubblicizzandola"
in un newsgroup, inserendo il link nella firma dei messaggi
"postati".
Sulla pagina iniziale di un sito si trovano solitamente delle espressioni che
tentano di "catturare" e "coinvolgere" il visitatore attraverso
un approccio diretto come: "Benvenuti a tutti!", "Sul mio sito
scoprirai i miei interessi….", oppure "Benvenuti nel mio sito".
Il ricorso alla metafora della visita a domicilio sembra essere un tratto saliente
del modo in cui vengono accolti i visitatori di un sito personale (Chandler
1995; Seabrook, 1997; Beaudouin, Velkovska, 1999).
L'ospite-visitatore viene preso in carico dall'autore, che lo "accompagna"
virtualmente attraverso le stanze della sua "casa". Questa “dimora”
però rappresenta la metafora della personalità dell'autore stesso:
infatti, al termine della sua visita, l'"ospite" avrà l'impressione
di aver compiuto un affascinante viaggio all'interno dell'individualità
di colui che ha creato il sito.
Il visitatore di una homepage non si colloca, tuttavia, rispetto all’homepage
stessa come semplice spettatore passivo, ma ha generalmente la possibilità
di interagire con l'autore della pagina. Infatti, sulla quasi totalità
dei siti personali è presente l'indirizzo email dell'autore,
oppure, spesso compare un guestbook, cioè una sorta di "libro
delle firme", sul quale i visitatori possono lasciare traccia del proprio
passaggio, per mezzo di commenti, saluti, o di una semplice firma. Di norma,
l'autore "invita" direttamente i visitatori ad interagire con lui,
attraverso riferimenti diretti, del tipo: "Per suggerimenti, o consigli,
scrivetemi all'indirizzo…", oppure "Firmate il mio guestbook".
La scelta delle tematiche di una homepage, e il modo di rivolgersi
agli altri sono i tratti più determinanti per la costruzione di un'interazione
a partire dalla pagina stessa. La scelta di un soggetto "originale",
cioè trattato da un numero ristretto di siti, il modo in cui tale soggetto
viene presentato e gli artifici messi in atto dall’autore per attirare
ed affascinare maggiormente i visitatori, si rivelano spesso fattori di successo
per un sito.
La scelta di argomenti atti a convogliare scambi di informazioni e opinioni,
l'apporto di notizie e approfondimenti tematici utili e la considerazione del
visitatore nella costruzione di un sito, mostrano che la pagina personale è
un luogo di presentazione del sé esplicitamente orientato alla costruzione
di relazioni. Utilizzando, infatti, le risorse disponibili in Rete e le strategie
di visibilità appropriate gli attori arrivano a costruire definizioni
di sé, a differenziarsi e individuarsi, ad attribuirsi cioè tratti
specifici, vale a dire a costruirsi un'identità in Rete, una vera e propria
"identità elettronica" (Beaudouin, Velkovska, 1999).
Anche all'interno di un messaggio "postato" ad un newsgroup
è possibile individuare alcuni fattori d'individuazione che contribuiscono
ad un riconoscimento immediato da parte degli altri. La particolarità
di una firma, lo stile espressivo (ricercato, dotto, o, al contrario, umoristico,
divertente) o la struttura formale possono costituire dei segni di riconoscimento
e di differenziazione.
Ogni volta che gli individui costruiscono un sé in Rete, quindi, mobilitano
tanto dei mezzi "dichiarativi" (rappresentazione di sé all'interno
del sito o della firma), quanto dei mezzi "dinamici" (stile e temi
riportati). Una parte di tale costruzione è volontaria e cosciente, un'altra,
come ad esempio lo stile e l’ortografia, è più inconsapevole.
Tutti questi elementi sono utilizzati per la costruzione di un'identità
in Rete. A loro volta, gli altri utilizzano queste proiezioni per costituirsi
un'impressione dell'autore.